LE PIETRE DI CARNAC di Devon Scott

I megaliti di Bretagna

In tutta la Bretagna si trovano antiche pietre, ma chi si reca a Carnac può vedere uno spettacolo unico al mondo, che colpì la fantasia di un antiquario francese, il cavaliere de Fréminville, che nel 1827 percorreva la regione alla ricerca di mobili ed oggetti per i suoi clienti: circa tremila pietre, conficcate nel terreno a formare file interminabili.

Il gran numero di massi bizzarramente disposti,
l’altezza raggiunta dai loro lunghi, grigi, muscosi contorni,

che si levano dal fango nero in cui affondano le radici,
e infine il silenzio assoluto che li circonda,
tutto sconvolge l’immaginazione e colma l’animo
di una venerazione malinconica per questi antichi
testimoni di tempi assai remoti.

(de Fréminville).

I Menhir, le pietre erette che costituiscono i viali, si possono raggruppare in quattro allineamenti omogenei: quello di Ménec, 1099 pietre disposte su undici file per più di un chilometro; quello di Kerlescan, il “luogo della cremazione”, con 594 pietre su tredici file che si allungano per quasi novecento metri; e quello di Petit Ménec, un centinaio di pietre, forse un tempo collegate a Kerlescan.

Nella foto a lato, visione parziale dell’allineamento di Ménec

Infine, un po’ più ad Est di Ménec, c’è Kermario, il “luogo dei morti”, un gruppo di rocce enormi, alcune alte più di sette metri, che diminuiscono di dimensioni andando verso la fine del viale.

Gli imponenti allineamenti sono una visione straordinaria, ma in tutta la zona, nel raggio di alcuni chilometri, ci sono pietre singole o a piccoli gruppi, dolmen, cromlech (cerchi di pietre) e tumuli, tra cui il più grande e noto è quello di St Michel, alto circa quindici metri e lungo 150, con due grandi camere sepolcrali all’interno, dove sono rimaste solo alcune casse di pietra; tutto il resto è vuoto, perché gli oggetti che vi sono stati trovati sono ora esposti al Museo della Preistoria di Carnac.
Sulla cima del tumulo sorge una cappelletta con un Calvario, una scena scolpita a soggetto religioso, molto comune in tutta la Bretagna e simbolo, con le sue semplici linee, della religiosità popolare.


Nella foto a lato, particolare di un Calvario bretone

A che cosa servivano le file di pietre?
Una fantasiosa leggenda cristiana racconta come san Cornelio, un papa bretone scacciato da Roma, avesse pietrificato il contingente di soldati romani mandati a sottomettere la regione e responsabili di soprusi nei confronti della popolazione.
Cornelio, durante la fuga, caricò i bagagli su di un carro trainato da due buoi; arrivato nella sua terra, riconoscente, benedisse gli animali.
Il 13 settembre, ancora oggi, l’evento viene commemorato durante una festa dei contadini locali, che portano i loro animali in chiesa per la benedizione, davanti alla statua del santo in atto di imporre le mani. Si dice che le bestie malate vengano condotte a passeggiare tra i viali per guarire.
Nell’area abbondano antichi resti di sacrifici animali ed immagini di un toro sacro.

Nella foto, particolare dell’allineamento di Petit Ménec

Gli storici hanno fatto molte ipotesi, per i megaliti di Carnac come per Stonehenge. E come a Stonehenge le pietre di Carnac potrebbero essere state innalzate dagli astronomi dell’epoca per misurare i movimenti apparenti del sole, della luna e delle stelle.
Josef Heinsch, un ricercatore tedesco, disse che “le strutture sacre precristiane possono essere comprese solo adottando il punto di vista degli antichi. Per loro ogni cosa di questo mondo era legata al divino. Ogni pensiero ed azione umani erano subordinati alle influenze delle energie delle forze divine onnipotenti. La loro filosofia e la loro sapienza culminava nella consapevolezza che così sopra, così sotto, e nel tentativo di portare tutte le loro attività e ambizioni in armonia con la natura superiore”.
A differenza di noi, uomini moderni, che abbiamo in gran parte perso il senso del sacro, gli antichi seguivano, nelle costruzioni di qualsiasi tipo, una geometria sacra.

Le pietre, in origine, non erano lisce, ma scolpite, talvolta dipinte. Le figure più comuni erano coppe, anelli e cerchi; più rare le spirali, le stelle, le ruote del sole con i suoi raggi e le scalette a pioli.
Un ricercatore scozzese, Ludovic MacLellan Mann, autore di uno dei pochissimi studi sistematici sull’argomento, nel suo Archaic Sculpturings del 1915 asserì che le figure scolpite erano interpretabili in termini astronomici, cioè che i cerchi ed i punti segnavano linee che erano dei veri e propri marcatori astronomici.
Gli allineamenti di pietre erano quindi dei punti di osservazione dei fenomeni celesti.
Per questo motivo Heinsch studiò le linee sacre, che collegavano microcosmo e macrocosmo, mettendo in relazione la geometria di ogni costruzione con quella del luogo, secondo concetti propri della Massoneria.
La Seconda Guerra Mondiale mise fine alle sue ricerche.

Nella foto,
la Table des Marchands

Prima di lasciare la regione, vale la pena di passare per Locmariaquer, un paesino a 13 chilometri da Carnac (per la D781), dove c’è la Pietra delle Fate, il più grande menhir conosciuto, lungo venti metri, spezzato in quattro frammenti; quasi di fronte c’è la Table des Marchands, un immenso dolmen con tracce ancora evidenti di antiche sculture.

Museo della Preistoria Miln–Le–Rouzic; rue des Corrigans (vicino all’Hotel de Ville); Carnac.
Oggetti e utensili datati circa mezzo milione di anni fa; altri contemporanei ai megaliti (tra il 5000 ed il 2000 prima di Cristo).
Copie in gesso delle incisioni più importanti scolpite sui megaliti.

Autore: Devon Scott
Messo on line in data: Novembre 2000