SILENZIO E PREGHIERA di Alexandra Celia

Il senso della spiritualità: amore tra silenzio e preghiera

Oggi più che mai, si sente imperante, profondo, quasi invadente il senso e la necessità di due cose fondamentali: il ‘silenzio’ e l’‘Amore’. Il silenzio, perché le città troppo rumorose e distaccate stanno sviluppando nell’uomo un bisogno, ed un’esigenza imprescindibile, di immergersi nella dimensione spirituale ― appunto del silenzio e della ricerca ― mediante la meditazione, la preghiera e l’unione con Dio…
L’amore, perché ancora una volta, l’essere umano sente di essere malato di tale sentimento. Di esserne carente in tutti i piani e percepisce più che mai di essere solo, nel caos di ogni giorno, nel mondo, nel cosmo. Spesso nell’indifferenza di coloro che ti passano accanto, consapevoli unicamente del proprio universo. La necessità, quindi, di un mondo più spirituale, di una spiritualità che confina nell’Amore, in una quantità tale, da poterne riempire un vaso. Si, il vaso della nostra personalità o meglio della nostra ‘persona’. Dove l’elemento centrale è il nostro cuore, che ha compreso bene, come oggi l’amore sembra essere morto in tutte le sue sfumature, in tutte le sue più elevate manifestazioni! Così, se manca in noi l’Amore, quello vero, con A maiuscola, parallelamente, il nostro io interiore, la nostra intima umanità, tenta, fuggendo dal reale, di confluire nella dimensione spirituale e del silenzio interiore.

Come possiamo fare questo cammino? Come possiamo compensare l’Amore mancante con elementi della spiritualità?
A compensare la grave carenza affettiva, cui l’uomo oggi è costretto, suo malgrado, a dover sopportare, subentrano le varie forme della spiritualità, che si manifestano nelle diverse religioni. Che sia quella cristiana, buddhista ― anche se questa non è proprio una religione ― islamica, ebraica, induista, non importa, la centralità della questione è di risollevare lo ‘stato malato’ dell’uomo, con un ritorno, al Sacro, allo Spirituale, al Puro Amore, alla ‘illuminazione’. In definitiva un rivalutare l’essere più antico, quando non viveva in virtù della materia, o della materialità, ma esclusivamente del valore o dei valori spirituali, nei vari livelli. A tale proposito, un certo signore di nome Rudolf Steiner ― scrittore e ricercatore 1861-1925 ― sosteneva che esiste una via, un percorso ― denominato ‘antroposofia’, da anthropos uomo, e sophia conoscenza ― che tenta di condurre la forza spirituale che è nell’uomo, dai primordi del tempo, alla forza spirituale che abbraccia l’universo intero. A tal proposito, i testi sacri antichissimi induisti, denominati Veda, per conoscere il Dio Supremo definito anche ‘Brahman’, paragonano l’universo a ...una ragnatela, che il ragno crea e poi abita. Dio è sia il contenitore dell’universo sia ciò che in esso è contenuto.
In tutta la dimensionalità dell’Amore.
Dunque, come si diceva sopra, se manca l’Amore, sorge una necessità imperante nell’uomo, o meglio nel suo cuore, come nella sua vita, di soddisfare quel bisogno interiore, di unirsi all’altro, che sia esso uomo, o ancora Dio.

San Francesco d’Assisi (1152-1226), il santo più venerato e amato d’Italia, il più celebre di tutta l’Agiografia.

Si ricorda, anche per la sua dolce eloquenza con gli animali, tra cui il lupo, che egli rese docile come un agnellino…

In una città multi-etnica, quale è Roma, non è difficile improntare una forma di spiritualità che sia anche apertura e dialogo. Un dialogo che diventa Amore per l’altro, così come il sentimento cristiano prospetta, e il comandamento cristiano di Dio declina all’uomo di: “Amare il suo simile come se stesso. Di Amare il prossimo più di ogni cosa… “, parole che possiamo leggere nel Vangelo di Giovanni (Gv. 13, 34), o ancora in Matteo, “… Amerai il tuo prossimo come te stesso… “ (Mt. 12, 31). Escludendo in questo modo, ogni aspetto di irriverenza, di odio e di non fratellanza.

Parole che in tempi antichi furono nel cuore di San Francesco (1182-1226), quando espresse le bellezze del creato, con il Cantico dei Cantici, ma è un inno all’Amore ed una preghiera per tutti, indistintamente: “… Laudato sii tu, o Mio Signore per Nostro frate Sole…”
In Madre Teresa di Calcutta (1910-1997) che amava definirsi, con una fede salda come la roccia “Una matita nelle mani di Dio“, ed esprimeva con forza: “l’Amore assetato di Gesù per gli ultimi della terra”, senza distinzione di ‘razza o religione’. Il Mahatma Gandhi (1869-1946), promotore per eccellenza della non violenza, la potenza della non violenza. Nel grande maestro Indiano Sri Ramakrishna (Gadadhar Chatterjee, 1836-1886), definito il “Folle d’amore” per Dio. Pur essendo induista, condensò nella sua esperienza contemplativa, tutto l’amore e la spiritualità, che gli proveniva dal Cristianesimo, dall’Induismo, Islamismo, sostenendo:

“…C’è un’armonia in tutte le Religioni. Tutte possono riequilibrare il male del mondo…” Amava dire nei suoi discorsi che “…Vedo coloro che parlano di religione litigare sempre tra loro. Indù, musulmani, bramini, shakta, vishnuiti, shivaiti, litigano sempre uno con l’altro. Non hanno l’intelligenza per capire che colui che chiamano Krishna è anche Shiva e la Shakti primordiale e che è sempre lui che viene chiamato Gesù, Allah: ‘c’è soltanto un Rama ed ha mille nomi“.


Sri Ramakrishna Paramahamsa, India (1836-1886). Definito il “Santo folle di Dio”. Il suo spirito e la sua anima erano limpidi come acqua sorgiva; il suo candore, e il suo stupirsi, come l’innocenza di un fanciullo. Ha lasciato all’umanità, gretta e dura di cervice, un grande esempio di santità

Fino in tempi recentissimi, il compianto e amatissimo Pontefice Giovanni Paolo II (1920-2005) ― che io ho avuto l’immensa gioia e dono divino di incontrare personalmente per ben due volte, di stringere la sua Santa mano, ricevendo ‘paterni’ consigli… Ancora oggi, l’emozione del ricordo è fortemente intriso di commozione…! ― Il quale nel lontano 1986, nel mese di Ottobre, ad Assisi, terra del Santo poverello, il citato Francesco, riunì per la prima volta il ‘Segno universale’ della spiritualità di tutte le Religioni, in un solo unico incontro, una sola unica, accorata voce: “Dio è Amore, senza distinzioni di spazio e di tempo, e non solo…”, facendo l’eco alle parole del Vangelo di Giovanni (1 Lettera di Gv. 3, 16). E ancora prima, quando alla soglia, l’alba del suo Pontificato, nel lontanissimo 1978, in un tardo pomeriggio d’autunno elevò alto il suo grido d’Amore: “Non abbiate paura, aprite… spalancate le porte a Cristo…”

Oggi, quello che spiritualmente le religioni ci offrono, può fortemente incidere sulla devastante solitudine in cui l’uomo iper-tecnologico, è caduto.
Spesso, troppo spesso, dimentico che esiste una legge imperante, la legge dell’Amore, che per essere vissuta ha necessariamente bisogno, di silenzi interiori, meditazioni, e dello stato spirituale, nato dal progredire attraverso un dialogo d’amore con Dio, il “Dio Assoluto”, e lo si può fare solo con la preghiera. Cosa è mai la preghiera?
Semplicemente, un ‘parlare’ a cuore aperto, con puro cuore a Dio, in qualsiasi forma. Sia, che teniamo a mente espressioni tratte dal Vangelo per i Cristiani, o parole del Corano per i Musulmani, o dalla Thora ― ‘Legge di Dio’, Antico Testamento ― per gli Ebrei. I Veda per gli Induisti… L’essenziale, non è con quale testo ci poniamo alla ricerca di questo Amore, ma come realizziamo questo ‘Amore’!
Per questo, desidero portare l’attenzione su un detto antichissimo, dei Padri del Deserto, antichi saggi monaci, che trascorrevano la loro vita in meditazione, o meglio ruminando ― proprio così, come farebbe un cammello ― la ‘Parola divina’, notte e giorno, quasi senza mai fermarsi…
Un anziano ha detto:

… Colui che, seduto nella sua cella medita i Salmi, somiglia a un uomo che cerchi un Re. Ma colui che prega senza intermissione somiglia a un uomo che può parlare a un Re. Quanto a quello che supplica con lacrime, egli tiene i piedi del Re e ne invoca pietà, come fece la cortigiana che in pochi attimi lavò con le lacrime tutti i propri peccati.
Detti dei Padri del Deserto.

Dunque, c’è un Amore che nasce istintivo, per istinto dal cuore dell’uomo, per un suo simile, o per Dio. E c’è, per conseguenza, un Amore più eccelso, increato, che nasce dalla paternità di Dio per la sua piccola creatura: l’essere umano.
L’uomo che vive nella tensione continua del ricercare, tra silenzio e preghiera la dimensione di un Amore, ‘dell’Amore’, quello terreno, come quello infinito, che rompe gli argini della solitudine, per divenire un puro splendido fiore dal purpureo colore… Occorre, però dire che, per coltivare questo meraviglioso fiore, è necessario vincere le egoistiche forme soggettive, per aprirsi ad un possibile ‘Dialogo’ spirituale, che è solo un accorato appello: ‘Amarsi incondizionatamente’.
Così come Gesù il Cristo fece quando tutto ebbe inizio:Ed era notte (Giovanni 13, 30), quando Il Figlio dell’Uomo fu glorificato (Giovanni 13, 31), con una novità umana: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Matteo 12, 31) eVi do un comandamento nuovo: Dunque io vi ho amato, Vi amerete gli uni gli altri (Giovanni 13, 34). E’ necessario con il Buddha (563-486 a.C.) risvegliare e illuminare in noi il sentiero del puro agire, e puro amore. Dice il Buddha: “Colui che mi ama di più, è colui che pratica i miei insegnamenti” e “Colui che conosce il Dharma, conosce me”, ― il Dharma è la ‘Legge universale’, che regola il comportamento dell’uomo nel mondo e nell’universo ―.

Madre Teresa diceva di se stessa: “Sono albanese di sangue, indiana di cittadinanza. Per quel che attiene alla mia fede, sono una suora cattolica. Per quanto riguarda il mio cuore, appartengo interamente a Gesù Cristo...”

A conclusione di questo nostro breve percorso spirituale, riflettiamo sulle parole di Madre Teresa, divenendo tutti: “piccole matite nelle mani di Dio”, del Dio Assoluto. Lasciandoci guidare da quella forza che tutto può muovere e mutare, rompere ogni agonizzante solitudine, come l’annebbiamento totale dello spirituale: l’Amore. Estendendo questo mirabile verbo ai confini del nostro cuore, dell’universo, e non solo.

Autore: Alexandra Celia
Messo on line in data: Ottobre 2007
Apparato iconografico a cura dell’Autrice.