I VAMPIRI di Officina Alkemica

Affinché si possa condurre uno studio scevro di pregiudizi circa i vampiri è innanzitutto necessario spazzare via dalla propria mente il concetto che essi facciano parte di antiche superstizioni o che siano nati dalla fantasia degli scrittori. I vampiri sono sempre esistiti ed esistono tuttora. Già all’interno di necropoli preistoriche sono stati rinvenuti cadaveri che recano delle pietre piantate nel corpo: ciò fa supporre la credenza in quei popoli che taluni individui potessero tornare dall’aldilà qualora non venissero uccisi secondo un ben preciso rituale.

Che la tradizione dei vampiri tragga origine dalla vita del conte Vlad Tepes (1430-1476), detto l’impalatore, a cui il romanziere Bram Stoker si sarebbe ispirato per la sua opera Dracula (1897), rappresenta quindi una grossolana falsità. Su alcune iscrizioni tombali persiane risalenti al 2300 a.C. è raffigurato un uomo che lotta contro un mostro intenzionato a succhiargli il sangue. La stessa tipologia di reperti compare già nel VII secolo a.C. anche in Cina, Assiria, presso i Maya, gli Indiani, i Polinesiani ed anche presso i discendenti dei Vichinghi. Le coincidenze tra le svariate testimonianze di popolazioni così distanti e diverse tra loro per cultura e credenze religiose dovrebbero far riflettere anche quegli studiosi intellettualmente microdotati che di norma affrontano l’argomento negando l’esistenza effettiva del fenomeno.

È possibile studiare i vampiri solo se si posseggono le corrette informazioni di matrice occulta riguardanti il corpo astrale e la vita dell’individuo dopo la morte. Si noti per inciso che l’irlandese Bram Stoker, occultista di una certa fama, era affiliato alla Golden Dawn (tale affiliazione è segnalata ne Il mattino dei maghi di Pauwels e Bergier), società esoterica di cui fecero parte molti personaggi in vista del tempo, tra cui ricordiamo il poeta simbolista William Butler Yeats, il Gran Maestro Samuel Liddel Mathers (meglio conosciuto come Mc Gregor Mathers), Arthur Machen, Thomas S. Elliot, Algernon Blackwood, Rudyard Kipling… e il noto mago/occultista Aleister Crowley. Stoker possedeva dunque il genere di conoscenze indispensabili al fine di trattare l’argomento in maniera più che mai scientifica. Compì inoltre una meticolosa ricerca sulle leggende e le antiche tradizioni popolari, e si ispirò infine alla figura del conte Vlad per ammantare di nobiltà il suo personaggio.

 

Premessa esoterica

Consideriamo l’essere umano costituito essenzialmente di due enti: l’uno di carattere spirituale – detto anima, Sé o Io profondo – l’altro di carattere materiale – detto personalità, apparato psicofisico o «macchina biologica ».
Ora può accadere che un uomo sviluppi un livello di «attaccamento» alla propria vita così esageratamente morboso da fare sì che egli rifiuti in maniera innaturale e categorica l’idea della morte, paventando ossessivamente la scomparsa del proprio corpo.
Ciò significa che tale individuo è completamente identificato con il suo apparato psicofisico, una macchina biologica costituita di ossa, carne e sangue che ogni uomo dovrà prima o dopo abbandonare. L’apparato psicofisico è infatti costituito di sostanze deperibili e il suo destino è quello di dissolversi nella materia da cui è venuto. Chi si trova in uno stato di identificazione completa con il corpo – chi sente cioè di essere esclusivamente il suo corpo – è destinato a perire con esso, e quindi tutta la sua vita risulta impregnata della paura della morte.
Al contrario, chi, attraverso un lavoro magico/alchemico, è giunto a identificarsi almeno parzialmente con l’anima, con il Sé, non teme più, o teme in maniera molto ridotta, la morte, in quanto sente, almeno inconsciamente, che alla scomparsa dell’apparato psicofisico egli resterà in vita in una forma più sottile attraverso la sua anima.

Un’analogia renderà più chiaro l’argomento: paragoniamo l’anima e la personalità a un astronauta che si trova dentro una tuta spaziale. Se per un bizzarro caso del destino tale uomo si fosse identificato con l’involucro esterno, la tuta spaziale, se egli credesse cioè di essere la tuta e non sentisse più di essere l’individuo che la occupa, allora qualora la sua tuta dovesse andar distrutta egli verrebbe annientato con essa, in quanto tutto il suo esistere si risolve in quell’involucro esteriore.
Se invece, come accade nella normalità, tale uomo risultasse identificato con la persona che occupa la tuta spaziale, in tal caso la sua posizione sarebbe totalmente differente: egli potrebbe osservare l’involucro intorno a lui come qualcosa di diverso da sé e la cui integrità non è direttamente legata alla sua personale sopravvivenza. Fuor di metafora, questa è la situazione di un uomo che vede il suo corpo, le sue emozioni e i suoi pensieri come enti differenti da sé, facenti parte di gusci esterni non indispensabili alla sua permanenza in vita.

L’uomo che sia giunto a percepirsi come anima dentro la personalità CON LO STESSO GRADO DI CERTEZZA con cui un astronauta si sente diverso dalla sua tuta spaziale, non teme più la morte, e ciò in quanto è a tutti gli effetti divenuto immortale. Si badi che non si sta qui trattando di “pensare” di essere un’anima, bensì di “esserla”. L’immortalità non si esaurisce in un’acquisizione del pensiero, ma in una realizzazione eminentemente « fisica ». L’astronauta sente infatti “fisicamente” di non essere la sua tuta, non si limita a pensarlo.
All’interno di una scala di relatività ogni essere umano occupa un gradino diverso corrispondente al suo grado di identificazione con l’anima piuttosto che con la personalità. Qualcuno è più vicino a essere un’anima, qualcun’altro è quasi solo un guscio di carne.

 

Chi è il vampiro?

Il vampiro può originarsi solo da un uomo totalmente identificato nel suo corpo di carne, nelle sue emozioni, nei suoi pensieri. Si tratta di un individuo che non “sente” la sua anima; per lui essa rappresenta solo un concetto mentale, una possibilità e nulla più. La sua paura della morte è dunque più che mai giustificata: egli in effetti scomparirà insieme al suo apparato psicofisico.
Un uomo del genere sarebbe disposto a qualsiasi cosa pur di riuscire a prolungare la propria esistenza terrena. Conscio di dover morire, egli aspira disperatamente all’immortalità e ai piaceri che la materia può offrire!

Il paradosso è proprio questo: il suo attaccamento alla vita e ai piaceri terreni, il suo voler prolungare l’esistenza materiale a tutti i costi… è ciò che rende sempre più sicura la sua futura morte.
Decide allora di sottoporsi a un rituale di magia nera dove con l’aiuto di anziani officianti opera un distacco completo e irreversibile fra l’anima (che per lui, lo ripetiamo, è solo un concetto e non un’acquisizione reale) e il suo apparato psicofisico. Recide cioè il filo che collega questi due enti e che è conosciuto nell’occultismo teosofico come «antahkarana» o “ponte arcobaleno”.

Da questo momento assume – o meglio, si illude di assumere – il controllo sulla sua vita, in quanto questa non è più legata all’anima e al compito per cui era venuta sulla Terra. Se era previsto che morisse a una certa età, questo non lo riguarda più; egli ha ora assunto l’indipendenza dalla volontà dell’anima. Il motto cristico: “Sia fatta la Tua, non la mia volontà”, per lui non ha più alcun senso. D’altra parte però, dopo tale definitiva recisione, in lui non è più rilevabile alcun bagliore di immortalità, che è invece ancora presente in ogni altro essere umano, per quanto poco evoluto spiritualmente e sordo alla propria anima questi possa essere. A questo punto, se non ricorre a uno stratagemma, dopo la morte egli è destinato a consumarsi lentamente e interamente nelle sfere più infime del piano astrale, fra indicibili sofferenze… senza lasciare traccia di sé.

 

Iniziazione

Esiste però un modo per evitare tale epilogo: imparare da un vampiro anziano, attraverso una trasmissione orale da maestro ad allievo, la tecnica del vampirismo. Si tratta di ottenere una pseudo-immortalità in questo modo: il corpo fisico viene conservato in uno stato di perenne trance catalettica, tra la vita e la morte, nascosto in un luogo sicuro. Perché non muoia deve essere alimentato con la trasfusione di energia vitale assorbita da altri esseri umani mediante l’utilizzo del suo corpo astrale semi-materializzato. In altre parole il vampiro nelle ore notturne abbandona il suo corpo fisico e, spostandosi nel suo corpo astrale, va a caccia di prede cui sottrarre energia vitale. Essendo il Sole analogicamente collegato alla sfera spirituale dell’uomo, e avendo il Vampiro reciso ogni legame con questo suo lato spirituale, il risultato è che il suo corpo non può più sopportare la luce del Sole. Non gli è concesso di avere vita sotto i raggi del Sole: la sua esistenza senz’anima diviene ora una lunga notte, in senso simbolico… e quindi anche fisico.

Attraverso una particolare tecnica rende il suo corpo astrale semi-materializzato – e quindi talvolta visibile agli occhi delle vittime, ma non catturabile dagli specchi – e in tale veste “succhia la vita” alle persone: più il suo corpo astrale riesce a materializzarsi più è materiale la forma dell’energia che egli sottrae, al punto da poter letteralmente succhiare il sangue dal corpo fisico delle persone.
Nel corpo astrale egli assume tutti i poteri inerenti tale stato e di cui si è già trattato in precedenza: proiettarsi a grande velocità in luoghi lontani, disintegrare e apportare oggetti, materializzarsi totalmente o parzialmente anche in forma di animale (lupo, pipistrello).
Attraverso il vampirismo egli raggiunge lo scopo di ritardare la sua morte definitiva e quindi il suo destino finale, commette però un gran numero di delitti che gli preparano una futura sempre più penosa permanenza nelle sfere del basso astrale.

Inoltre l’immortalità così ottenuta è sempre parziale; l’unica immortalità assoluta è quella frutto di un lavoro magico/alchemico, il quale porta all’identificazione completa con l’ente eterno per eccellenza: l’anima, o Sé. Il vampiro può resistere nella sua poco invidiabile situazione di non-morto anche per diversi secoli, alcuni anche per millenni, ma mai per sempre. Prima o dopo il suo corpo verrà distrutto e allora lo spettro dei sottopiani infernali del mondo astrale si farà reale.
Spesso, all’apice della disperazione, vuole egli stesso mettere fine alla sua pallida esistenza fatta di paura, solitudine, tristezza, invisibilità, rifiuto, fuga… ma quasi mai ne ha la forza.
Il modo più sicuro per ucciderlo – e interrompere il suo patimento – è trovare e bruciare il corpo.

 

Autore: Officina Alkemica
Messo on line in data: Settembre 2006