I MISTERI DI ROMA di Andrea Romanazzi

Itinerari del mistero
tra antiche maledizioni, fatture, fantasmi e anime inquiete

La città di Roma da sempre ha esercitato sull’Uomo un certo fascino: essa è il luogo ove arte, cultura e antiche tradizioni sono mescolate tra loro in un indivisibile connubio, ma la capitale è una città “particolare” e misteriosa sotto molteplici aspetti.
Scopo di questo articolo è disegnare un “itinerario del mistero” tra le vie della capitale, tra strane entità e culti misterici. Ho poi realizzato una curiosa mappa alle entità e alle manifestazioni spiritiche della Capitale e in particola di quel tratto chiamato “mezzaluna” ove, in passato, sorgeva un tempio dedicato a Proserpina, interrato, che veniva riaperto a ogni celebrazione e che ha sicuramente contribuito a far nascere quella leggenda popolare che vuole presente, in quel “gomito” del Tevere, una delle porte verso gli Inferi.

Saranno suggestioni ma… è proprio in questa area che troveremo i più noti fantasmi della città. Troviamo così a piazza Navona Olimpia Pamphili, che apparirebbe nelle notti di plenilunio su carrozza trainata da cavalli neri, o Costanza de Cupis, detta “Costanza bella mano”, nobildonna, ricamatrice che perse la mano per una fattura. Passeggiando tra i viali di Trastevere, tra sant’Apollonia fino a Piazza di Spagna, ecco che si può incontrare il fantasma di Serafina Feliciani, moglie di Cagliostro o ancora Beatrice Cenci, decapitata l’11 Settembre 1599 per assassinio sul ponte Sant’Angelo.
Una visita di tal tipo non può non contemplare il Museo delle Anime del Purgatorio, presso Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, con testimonianze di apparizioni di defunti su lenzuoli, tavole, libri. Un museo unico in tutto il mondo, e in realtà poco conosciuto (fig.1-2) che incute realmente un reverenziale timore al pensiero di cosa può aver generato tali manifestazioni indubitabili.

Parlando ancora di fantasmi, e rimanendo nell’area, un cenno va fatto uno dei più curiosi spettri “cinematografici” romani: Lucia, del famoso film/sceneggiato Il Segno del Comando. Si tratta di un film di genere fantastico o giallo in cinque puntate, prodotto dalla RAI nel 1971, per la regia di Daniele D’Anza, che parla di antiche maledizioni, fatture, tristi presagi, assassini spietati, sette segrete, opere musicali scomparse e maledette e oggetti magici. Un vero Cult assolutamente da vedere e rivedere. Curioso che anche alcuni dei più importanti luoghi ove è stato girato lo sceneggiato si trovino in questa zona. Ancora una volta realmente passeggiare per tali vicoli con tali informazioni trasmette una inquietudine d’animo non indifferente ma, per chi vorrà cimentarsi, i dettagli sui luoghi li rimando alla mappa già accennata.

Se invece torniamo all’Antico, primo luogo della visita non può essere che il Colosseo, il cui nome reale era in realtà l’Anfiteatro Flavio, costruito dall’imperatore Vespasiano. C’è chi dice che il nome Colosseo derivi dal fatto che esso fosse un grande tempio diabolico, del resto essendo un luogo di forti emozioni e violenze, basti pensare alla morte di uomini e belve feroci; con l’avvento del Cristianesimo fu legato alla negatività e demonizzato. Nella tradizione popolare del ‘500 si credeva che l’arena fosse sede di demoni e stregoni e lo stesso Cellini, racconta, per esempio, in una sua biografia di aver partecipato a riti magici all’interno del Colosseo per ritrovare la bella Angelica, ragazza siciliana di cui era innamorato.

Al Cellini fu poi rivelato, da detti demoni, sempre su sua ammissione, anche un tesoro nelle vicinanze della città, e si narra che l’artista andasse in giro con negromanti all’interno dei fori imperiali alla ricerca, appunto, di questi antichi tesori. Poco distante è presente un altro luogo “misterioso”, un antico mitreo. Secondo la tradizione Mitra sarebbe nato da una roccia il 25 dicembre, Dies Natalis Solis Invicti, giorno della nascita dell’invincibile sole e che poi coinciderà con il natale cristiano. La missione di Mitra era chiara: salvare l’umanità, e per far questo il dio doveva uccidere e spargere sulla terra il sangue dell’animale simbolo della vita, un toro. Il compito di Mitra era tutt’altro che facile, si oppongono a questa sua impresa alcuni animali come lo scorpione, il cane e il serpente, simboli del male, o meglio del “caos”. Il Dio riesce comunque ad uccidere l’animale dal cui sangue sparso sulla terra nasce la vite, dal midollo il grano e dal seme gli animali utili. La scelta degli animali che si contrappongono alla tauroctonia non è casuale infatti i riti erano celebrati soprattutto durante l’equinozio di primavera, proprio nel segno del “toro” e costellazione opposta è guarda caso quella dello “scorpione”.

La religione mitriaca è dunque legata al cosmo e alle stagioni, i riti venivano celebrati in grotte che, oltre al peculiare carattere ctonio, avevano rappresentato nel loro interno appunto la volta celeste, come nel mitreo in questione, ove sono presenti anche 11 aperture, numero ancora una volta non casuale, ma che rappresenterebbe il bene e il male e di cui 7 rappresenterebbe le costellazioni principali e 4 le stagioni. Tra le cerimonie del culto all’adepto veniva prescritta una abluzione in vasche sacre piuttosto simile al nostro battesimo, inoltre sembrerebbe che la parte più caratteristica del rituale fosse il banchetto finale in memoria del trionfo di Mitra, ove si consumavano pane, acqua e vino , “cibi” e “bevande” che ritroviamo anche nella cultura cristiana. Insomma, nel culto mitriaco troviamo i temi del “sacrificio”, dell’ “Ultima Cena” e dell’ “Ascenzione” cari al Cristianesimo. Se le similitudini con il Cristianesimo sono tante, le diversità però lo sono ancora di più: infatti la religione mitriaca si basa sulla liberazione dell’adepto e la ricerca del raggiungimento di un legame con il divino. Questo mito, per molti aspetti, ricorda un po’ quelli legati al culto della dea madre. Infatti la grotta è il tipico ambiente conio legato all’immagine del ventre femminile, mentre dal toro, le cui corna sono tanto simili alle trombe di Falloppio, si ha la “nascita” del “conosciuto”.

Tutto quanto qui esposto è presente nel mitreo della chiesa di San Clemente. Nel livello inferiore della chiesa troviamo un vestibolo adornato con splendidi stucchi e poi l’aula ove si trova un altare ornato appunto con l’immagine della “tauroctonia”, un enorme serpente e infine i due dadofori, uno con la fiaccola abbassata e uno con la fiaccola alzata a simboleggiare rispettivamente il giorno e la notte. Il primo è il Cautes, simbolo dell’attività solare fra il 21 dicembre e il 21 giugno, l’altro, il Cautopates, rappresenta il sole nella fase calante. Il sito di San Clemente era però una vera e propria scuola; è costituito da tre ambienti e un nugolo intricato di corridoi: un Triclinio, un pronao e un ambiente ove gli adepti imparavano le 7 verità. Nella discesa verso altri ambienti, poi, si può ascoltare un sordo rumore di acqua, ebbene sempre nel livello inferiore della chiesa vi si trova una sorgente, elemento che farebbe ancor più pensare al legame tra il culto mitriaco legato alle stagioni e quello della dea madre.

Le tracce della Grande Madre ci conducono così in piazza San Marco. I primi contatti con il mondo egizio, almeno ufficialmente, si ebbero in Italia proprio a Roma, in particolare attecchirono in Italia il culto di Serapide, che poi sarebbe Osiride associato al toro Api, e quello plurimillenario di Iside. “Io sono Iside, la divina , colei che detiene la magia degli incantesimi”. Così troviamo scritto su alcune stele che descrivono appunto la dea e i suoi enormi poteri con i quali riesce a sconfiggere il male rappresentato da Seth e a resuscitare il marito Osiride grazie alle “parole di potenza”. Essa è spesso rappresentata con il volto bruno e con in grembo un bambino, il figlioletto Horus, iconografia poi confusa con quella della Madonna. Ed ecco così che l’Iside romana ci si svela in tutto il suo millenario aspetto, infatti un busto rappresentante la divinità è quello di “madama Lucrezia” caratterizzato dal mistico nodo sulla veste e proprio posto in piazza San Marco, accanto a Palazzo Venezia. Oramai però ben poco rimane del culto isiaco nella città, un santuario dedicato alla dea si trovava sotto santa Sabina, mentre sul Quirinale si trovava un serapeo dal quale provengono le statue dedicate al dio Bes che si trovano accanto alla porta “alchemica” di villa Palombara.

Ancora appartenenti alla cultura egizia sono il “Piedone” che appunto dà il nome alla via “pie’ di marmo” e la figura cinocefala che ha dato il nome alla contigua Santo Stefano Del Cacco. Iside è così signora dei serpenti e l’ofide infatti ha una importante valenza nelle tradizioni esoteriche della città. Per introdurre il “culto del serpente” dobbiamo prima descrivere la figura di
Asclepio o Esculapio il cui culto è originario della Grecia, presente prima ad Egina e poi a Epidauro. Nei templi dedicati alla divinità, i malati usavano dormire ai piedi della statua del dio dopo esser stati sottoposti a cerimoniali molto suggestivi e impressionanti. Il malato durante la notte riceveva la “visita” della divinità che gli avrebbe suggerito i rimedi per debellare la malattia. Il culto della divinità si trasferisce dalla Grecia in Italia, e in particolare a Roma sull’isola tiberina. Il mito narra che per debellare la peste del 293 a.C. fu portato in città un serpente consacrato al dio dalla città di Epidauro. Appena la nave che lo trasportava raggiunse la foce del Tevere l’ofide, saltando dall’imbarcazione che lo trasportava, avrebbe ridisceso il Tevere fino all’isola scomparendo poi nel luogo dove fu costruito il nuovo tempio, inaugurato nel 289 a.C. Attorno al tempio, come ad Epidauro, dovevano sorgere dei portici destinati al ricovero dei fedeli e dei malati, ed è certamente singolare che l’isola abbia continuato ad essere luogo di cura e sede di un ospedale attraverso il Medioevo fino ai nostri giorni.

Di non scarsa importanza è poi la bellissima chiesa di Santa Maria in Aracoeli. L’edificio, Costruito nel VI secolo, rivestì una notevole importanza nella vita religiosa del medioevo, come testimonia la presenza nel suo interno di una statua raffigurante il Bambino Gesù il cui legno, secondo la tradizione, proverrebbe da un ulivo dell’orto del Getsemani. La tradizione vuole che la chiesa sorgesse su di un tempio pagano preesistente dedicato a Giunone, ma in realtà il sito dovrebbe essere molto più antico e forse dedicato a culti isidei come oggi quasi ci indicano i leoni bronzei di origine egizia presenti forse non casualmente all’inizio della scalinata. E’ comunque certo che in prossimità della chiesa sorgeva l’Auguraculum, un’area sacra in cui avevano luogo cerimonie importantissime connesse alla carica regia e all’attività degli àuguri che traevano gli auspici interpretando il volo degli uccelli. Secondo diversi studiosi la chiesa sarebbe stata fondata per iniziativa di Sant’Elena, la madre dell’Imperatore Costantino, ma è molto più probabile che essa sia stata costruita solo molto più tardi alla fine del VI secolo quando vi si insediò un monastero di rito greco per poi passare all’ordine Benedettino e da questo, nel 1250, a quello Francescano.Per concludere il nostro viaggio tra i misteriosi culti misterici romani dobbiamo infine spostarci nella vicina piazza Navona. Sul nostro cammino per la piazza incontriamo il famosissimo Pantheon, attribuito per alcuni ad Agrippa, per altri all’imperatore Adriano. Proprio qui di fronte troviamo la chiesa di Santa Maria Sotto Minerva, ancora una chiara allusione ad un’operazione sincretica di sovrapposizione di culti. Nella piazza antistante ecco un piccolo obelisco sorretto da un elefante, opera concepita dal Bernini, attratto proprio da questa cultura egizia nella capitale. Il grande artista fu infatti influenzato da una figura piuttosto singolare, uno dei primi ad occuparsi dei misteri egizi, il gesuita tedesco Kircher con la sua opera “Sphinx Mystagoga”. Lo scultore si lasciò molto influenzare da queste nuove idee e sarà da questo insolito connubio che nascerà la spendida opera di piazza Navona, la fontana dei 4 fiumi. E’ qui che ritroviamo diverse conoscenze egizie, il Leone, per esempio, emblema solare e animale sacro ad Osiride, contrapposto all’Ippopotamo che esce dalle acque. Ebbene il significato etimologico dell’ippopotamo è “cavallo dei fiumi” il simbolo del malvagio Seth. La fontana dunque simboleggia l’eterno equilibrio egizio tra bene e male, tra il leone e l’ippopotamo, tra Osiride e Seth.

 

 

LEGENDA DELLA CARTINA DELLE ENTITA’

1 – Piazza Navona: fantasma di Olimpia Pamphili, che appare nelle notti di plenilunio su una carrozza trainata da cavalli neri. Fantasma di Costanza de Cupis, detta “Costanza bella mano”, nobildonna, ricamatrice che perse la mano per una fattura.

2 – Piazza Navona/sant’Apollonia/vicoli fino a Piazza di Spagna: Fantasma di Serafina Feliciani, moglie di Cagliostro.

3 – Lungotevere tra Ponte Umberto I e Ponte Sisto: Anime degli annegati nel Tevere.

4 – Museo delle Anime del Purgatorio, presso Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, con testimonianze di apparizioni di defunti.

5 – Ponte Sant’Angelo: Fantasma di Beatrice Cenci, decapitata l’11 Settembre 1599 per assassinio sul ponte.

6 – Via Governo Vecchio, 57, appartamento al terzo piano. La tradizione vuole sia il più infestato della Capitale.

7 – Campo dei Fiori: Fantasma di Giordano Bruno.

 

A – La zona in questione è stata scelta perché si narra che in tale curiosa “curva” teverina esistesse un antico tempio dedicato a Proserpina, ingresso per l’oltretomba e il regno degli inferi. Da qui forse anche le tradizioni e le leggende legate ai fantasmi.

 

Numeri Romani, I luoghi “cinematografici” del famoso film/sceneggiato Il segno del Comando

I – Via Vecchierelli: casa di sir Percy Delaney.
II – Piazza dei Coronari: inseguimento tra le vie di “Lucia”.
III – Piazza con rudere romano…
Nel Complesso monumentale di S. Salvatore in Lauro ci sarebbe il palazzo della seduta spiritica.

 

Autore: Andrea Romanazzi
Messo on line in data: Aprile 2011
Immagine a cura dell’Autore.