RACCONTO: LA VOLPE D’ORIENTE di Nick Morningstar

Il monaco e il kappa vivevano nella foresta, il primo nel suo tempio e il secondo invece sulle rive dello stagno assieme ai suoi cugini. 
Di tanto in tanto il kappa si nascondeva dietro le rocce che circondavano la casa del monaco e lo osservava. 
Lo guardava per ore e si divertiva molto nel farlo, questo perché agli spiriti divertono molto gli uomini, con i loro comportamenti bizzarri e le loro strane routine. 
Il monaco dal canto suo sapeva di essere osservato, ma cercava di non darlo mai a vedere e di proseguire con le sue attività.
Un giorno però, mentre il kappa osservava il monaco lavorare la terra sotto il sole dell’estate, una sua vecchia amica gli si avvicinò. 
Era una kitsune dal sottile pelo nero, con nove soffici code che ondeggiavano assieme il soffio del vento mattutino, con occhi pallidi che ricordavano perle marine e con una piccola chiazza ovale bianca al centro della fronte. 
La kitsune era molto vecchia, saggia e potente, infatti nella sua vita era stata molte cose, gli yokai del luogo dicevano che avesse viaggiato perfino nel lontano occidente.
“Perché non vai a parlargli, piccolo amico?”  chiese la volpe nera. 
Il kappa sobbalzò spaventato poiché la volpe gli si era avvicinata senza farsi sentire e lui era troppo concentrato a guardare altrove.
“Non spaventarti piccolo, sono solo io, e ti sono amica” aggiunse la volpe cercando di rassicurare lo yokai.
“Scusatemi signora, non mi ero accorto foste arrivata e mi sono spaventato” rispose la creatura.
“Ma non c’è niente di cui aver paura piccolo, io ti sono amica, quindi non farmi ripetere le cose e dimmi, perché non vai a parlargli?” chiese nuovamente la kitsune sedendosi affianco allo spirito.
“Perché non saprei cosa dirgli, cara amica, fa cose strane che io non capisco, per questo me ne sto qui a guardarlo.”
La volpe lanciò un’occhiata al monaco e poi di nuovo al kappa.
“Che cosa non capisci? Io posso aiutarti piccolo, sono stata tra gli esseri umani tanti secoli fa, sono stata prima una bambina, poi una strega e sono stata anche l’amica di un imperatore tanto, tanto tempo fa.”
Allora il kappa con le sue mani palmate indicò la casa del monaco alla cui entrata erano appesi alcuni talismani.
“Quelli per esempio, ogni sera li cambia, ma non so a cosa servano.”
Alla vecchia kitsune sfuggi un suono che somigliava quasi ad una risata.
“Oh piccolo, quelli non servono a niente.”
“A niente? Come a niente? Allora perché li mette?” chiese la creatura sempre più confusa.
“Perché lui crede che servano a qualcosa.” La kitsune si passò la lingua rosata sulla zampa color notte.
“E cosa crede che facciano?” domandò ancora il kappa assetato di conoscenza.
“Li chiamano talismani e quelli della sua razza credono scaccino il male e i suoi mostri, è così sciocco.”
Sempre più confuso il kappa scosse il capo.
“Che cos’è un mostro? E che cos’è il male? Non ho mai sentito questi termini prima d’ora, sapresti spiegarmelo mia saggia amica?”
“Mmmmmh, vediamo un po’…” La volpe si fermò un attimo a riflettere e poi parlò. “Gli uomini credono che la natura possa essere divisa in bene e male, in luce e buio e tendono a dare a tutte le cose accezioni positive o negative in base al loro capriccio personale. 
Questo è sciocco poiché la fiamma di un vulcano non può essere definita male solo perché danneggia chi la tocca, essa è fiamma, essa è semplicemente se stessa. 
E così fanno anche con noi che abitiamo la natura, ci catalogano, ci definiscono amici o nemici in base alla nostra natura e con quei talismani credono di tenerci lontani.”
La volpe falciò l’aria con una delle sue nove code per poi parlare ancora: “Credono di poter controllare la natura e tutto quanto, credono che la loro piccola visione del mondo sia la legge universale della vita e della morte. 
Per quel che mi riguarda, se fossi in te, non perderei troppo tempo con un essere umano”.
Il kappa annuì e la volpe si allontanò.

Tre lune dopo però qualcosa accadde, il kappa si ammalò di febbre e il suo corpo venne trovato sulle sponde dello stagno proprio dal monaco, che non vedendolo, quella mattina andò a cercarlo preoccupato. 
Trovato lo yokai, il monaco se ne prese cura, lo portò nel suo tempio, lo nutrì e pregò per lui affinché gli déi lo rimettessero presto in forze.
Purtroppo così non fu e anzi, la salute del piccolo kappa peggiorò, per questa ragione il monaco decise che avrebbe chiesto ai suoi antenati come salvarlo dalla morte.
Il monaco allora prese il suo bastone, dell’acqua e del pane e non appena calato il Sole si diresse nella foresta. 
Raggiunse nella notte la terra sacra dove erano stati sepolti i suoi antenati, che come lui, avevano dedicato la loro vita alla preghiera. 
Una volta lì il monaco offri ai morti l’acqua e il pane, ed essi vedendo del buono nella sua offerta gli si manifestarono con la forma di fuochi fatui celesti.
“Oh potenti spiriti, è per un amico che vi chiamo, un grave malanno l’ha colpito e sto cercando una cura, voi che siete saggi e conoscete i segreti degli spiriti del bosco, vi prego indicatemi la via.”
E così gli spiriti dei morti sussurrarono all’orecchio del monaco i loro segreti. 
Il monaco si diresse quindi ancora più in profondità nel bosco, lì vide una casa che mai gli era capitato di scorgere da quelle parti, ma questo era normale poiché gli spiriti dei morti gli avevano detto che quella casa non poteva essere trovata se non da chi la cercava. 
Il monaco bussò alla porta e questa si aprì.
La piccola casa era piena di erbe e pergamene sparse qua e là in maniera piuttosto disordinata.
“Che cosa ci fai nella mia casa?” chiese una voce femminile.
“Un amico sta male e so che voi possedete la cura per il suo malanno, potente strega, sono venuto a chiedervi aiuto umilmente.”
La porta si chiuse all’improvviso e quando si voltò il monaco vide che alle sue spalle c’era la strega che abitava quella casa. 
Era una donna di una bellezza incantevole e innaturale, con occhi sottili e lunghi capelli neri ondulati. 
Le labbra della strega erano rosse come la sua veste che non aveva nulla da invidiare a quelle indossate dall’imperatrice.
“Non essere ridicolo, voi esseri umani non avete nulla a cuore, eccezion fatta per voi stessi.”
La strega era severa nelle sua parole, ma il monaco non si arrese.
“Perché dite questo, potente strega?”
“Perché sono secoli che vi vedo uccidervi tra voi per sciocchezze e commettere altre mille azioni crudeli.”
Il monaco abbassò lo sguardo.
“Questo è vero, ciononostante io non ho mai commesso azioni crudeli in tutta la mia vita, ed ora il mio amico sta morendo e vorrei salvarlo.”
La strega rimase in silenzio per un secondo.
“E perché dovrei aiutarti?”
“Perché gli spiriti dei morti mi hanno detto che il mio amico è anche vostro amico, poiché vi hanno vista in sua compagnia davanti alla mia casa.”
E così la strega tramutò il suo corpo in quello della kitsune nera che aveva parlato con il kappa.
“E’ vero, è anche mio amico. 
Ma se lo salverai allora inizierete a parlare e diverrete amici, lui si dimenticherà di me e io non avrò più nessuno con cui parlare, rimarrò sola.”
Il monaco annuì e si mise una mano sul petto.
“Vi giuro che non accadrà, anzi, se vi fa piacere potete venire con me al tempio, la mia casa è grande e c’è spazio per tutti e tre.—”

E così, la kitsune fornì al monaco la cura per il loro amico comune e tutti e tre andarono a vivere nel tempio del monaco. 
Per molte estati si divertirono, parlarono, mangiarono e passarono momenti degni di essere ricordati. 
E quando il monaco morì di vecchiaia il kappa rimase fedele al tempio in attesa del successore del suo amico defunto, mentre la kitsune tornò nel lontano Occidente, dove s’impegnò a raccontare questa storia insieme a tante altre.

 

Autore: Nick Morningstar
Messo on line in data: Settembre 2017