IL LINGUAGGIO DELLA DEA di Marija Gimbutas

Il linguaggio della Dea di MARIJA GIMBUTAS
Edizioni Venexia, Roma, 2008, 388 pagine, illustrato in B/N, Euro 36,00
www.venexia.it


È alla sua nuova edizione, curata dalla Venexia Editrice con il contributo-garanzia di Selene Ballerini, il testo di un personaggio di culto nel settore dell’archeologia e degli studi sul mito, Marija Gimbutas: Il Linguaggio della Dea. L’autrice, di origini lituane, si laureò all’Università di Tubinga, in Germania, e iniziò la sua carriera come traduttrice di testi in lingua orientale presso l’Università di Harvard. Docente di Archeologia Europea all’Università di Los Angeles, condusse diversi scavi nell’Europa sud-orientale che portarono alla luce moltissimi manufatti risalenti all’epoca pre-neolitica. È lei l’autrice dell’“ipotesi dei kurgan” che associa l’indoeuropeo alla cultura Kurgan di tipo guerriero.

Il Linguaggio della Dea è il suo capolavoro, in cui raccolse i frutti della sua attività come archeologa nella regione del Danubio e nel nord della Grecia, ovvero i dati concernenti 2000 manufatti che spaziano dal Neolitico all’Età del Bronzo, ognuno dei quali è illustrato nel libro, a rivelare i legami che collegavano le etnie dell’Europa Antica a miti e culti che si credevano persi nel tempo. Protagonista è la donna, o meglio, il femminile con la sua stretta associazione alla Dea che certa cultura voleva assoggettata ai sistemi patriarcali, e che invece, grazie alle scoperte della Gimbutas, risorge in una nuova luce come elemento di altrettanto potere e importanza.

Il volume non si limita a un mero catalogo degli artefatti rinvenuti dalla Gimbutas, ma li analizza uno a uno, collegandoli a usi, costumi e tradizioni di cui in parte si sente ancora l’eco nella nostra società. Ecco così che emergono gli archetipi di cui si fa voce la Grande Madre de Il Linguaggio della Dea e a cui afferiscono i ruoli delle donne delle civiltà esplorate dalla Gimbutas. In particolare, le immagini preponderanti della sfera mitica e spirituale di queste società matrilineari, dedite al culto della Dea, sono quella della Vergine, quella della Madre e quella dell’Anziana, tutte associate alla Dea datrice di nascita e di vita e alla Dea di Morte, Assassina ma anche Rigeneratrice. Per ogni archetipo, i simboli svelati dall’autrice sono molteplici, come quello dell’uovo in relazione alla Dea Rigeneratrice, foriera di vita e di fertilità, e per ognuno vengono riportati esempi di manufatti descritti nel dettaglio e corredati di foto e disegni che permettono di studiarli da vicino. L’apparato delle didascalie inserito nel volume, complementare alla parte testuale che corrisponde alla sezione più argomentativa e storica, è infatti di grande aiuto al lettore e allo studioso per capire ogni aspetto – culturale, religioso, sociale – che doveva ruotare attorno agli oggetti raccolti dall’archeologa.

Questo libro, finalmente in una nuova edizione, costituisce una pietra miliare che aiuta noi moderni a capire la reale eredità che ci lega al passato e a gettare luce sulla vera storia delle donne, sfatando il mito di un predominio maschile a cui il femminile si sarebbe asservito con atteggiamento passivo. È inoltre un importante ponte di collegamento tra la vecchia e la nuova religione pagana, che negli ultimi decenni si è diffusa recuperando l’apparato ritualistico, mitico e sacro insito nel nostro DNA, ma che forse abbiamo perduto a un certo punto della storia (Recensione di Titti Fumagalli).

 

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