LE TRADIZIONI DELLA PASQUA di Andrea Romanazzi

Tradizioni pasquali tra antiche divinità nordiche e simbologie pagane

Nella religione cristiana grande importanza ha la festività di Pasqua, la Resurrezione del Cristo che con il suo sacrificio cancella le ataviche colpe umane. Tra le pieghe di questa festa religiosa, però, sono ben nascosti simboli e tradizioni di origine pagana, ricordi di altre e ben più antiche festività poi cancellate od assorbite dal Cristianesimo con una vera e propria opera di sincretismo.
Inizieremo così un viaggio che ci porterà tra le desolate lande dell’Europa del nord, alla ricerca di antiche divinità celtiche che ci aiuteranno a scoprire le vere origini e i simboli di questa festività.
Per effettuare un esame etimologico della “Pasqua” dobbiamo rifarci al termine inglese “Easter” che ci riporterebbe ad antichi culti legati al sopraggiungere della primavera e in particolare ad una antica divinità pagana, la Dea Eostre.
Questa antica divinità non è molto conosciuta nella mitologia nordica, viene menzionata per la prima volta dal Venerabile Beda (679-735) nel suo De Temporum Ratione, dove è messa in relazione alla primavera e alla fertilità dei campi.
Il suo nome sembrerebbe provenire da aus o aes e cioè Est, dunque una divinità legata al sole nascente e al suo calore, l’idea della rinascita e del resto il tema dei fuochi e del ritorno del calore solare sarà un tema ricorrente nel proseguo delle tradizioni pasquali.
Le origini di questo culto femminile però non sono molto chiare, dalle caratteristiche sembrerebbe una divinità nordica, anche se non viene per nulla citata nella mitologia celtica, tanto da far credere ad alcuni studiosi che si tratti di una divinità inventata dallo stesso Beda, spiegazione non molto plausibile in quanto un religioso cristiano non avrebbe avuto bisogno di creare una nuova divinità in un pantheon pagano già molto ricco e variegato.
Il Grimm, noto studioso di mitologia nordica, nel suo Teutonic Mythology descrive Eostre come una divinità pagana portatrice di fertilità e la collega alla luce dell’Est e in particolare all’equinozio di Primavera che veniva chiamato dai popoli celti “Eostur-Monath” e successivamente di “Ostara“.

 

Uova pasquali e il mistico coniglio

Interessante tradizione tipica della Pasqua è lo scambio delle uova di cioccolato, in Germania ad esempio vi è l’usanza che i bambini, la mattina della domenica di Pasqua, chiamata Ostern, vadano alla ricerca nei giardini delle case delle uova nascoste dal “coniglio pasquale“, mentre in Inghilterra si fan rotolare sulla strada uova sode colorate fino a quando il guscio non sia completamente rotto.
Questa tradizione è fortemente legata al culto della Dea precedentemente descritta, infatti nelle tradizioni pagane si celebrava il ritorno della divinità portatrice di novella fertilità andando a scambiarsi uova “sacre” sotto l’albero ritenuto “magico” del villaggio, usanza che dunque collega Eostre alle divinità arboree e ai culti agro-pastorali. L’uovo non è scelto a caso ma è da sempre simbolo di rinascita. Per l’antico raccoglitore e cacciatore la Primavera portava infatti gli uccelli a deporre le proprie uova e dunque ad avere un nuovo sostentamento dopo l’austerità dell’inverno. La stessa deposizione di uova differenti da parte delle diverse specie di uccelli potrebbe portare all’idea delle uova differentemente dipinte che si sono poi tramandate fino ai giorni nostri. L’uovo diventa così potente talismano di fertilità e vita come testimoniato dalle usanze delle uova sacre Russe o Ucraine ove il cibarsi di questo alimento celebrerebbe la rinascita del sole e il ritorno delle stagioni dell’abbondanza.

L’idea del “sacro” uovo si è così tramutata nel tempo, basti pensare all’uovo alchemico di Hermete Trismegisto o agli antichi romani per i quali “omne vivum ex ovo“. Una leggenda narra ad esempio che Maria Maddalena si presentò all’imperatore Tiberio con un uovo dal guscio rosso, o ancora la Vergine Maria donò a Ponzio Pilato un cesto di uova colorate per implorare la liberazione del Cristo. Il cibarsi delle uova, così, diventa un rituale collettivo di partecipazione alla nuova vita e dunque alla resurrezione.Simbolo della Dea è la lepre o il coniglio che in realtà rappresenta la stessa divinità che si rende immanente e concepisce se stessa come divinità dei boschi. L’animale, poi, non è casuale, ma scelto non solo per le sue famose doti riproduttive, ma anche e perché, secondo i Germani, le aree nere della luna rappresenterebbero proprio la lepre, sancendo così la sacralità dell’animale.

 

La reminiscenza dello spirito arboreo

E’ la presenza di questo animale totemico che ci permette di legare la Pasqua ai rituali naturali e alla sacralità degli alberi, essa altro non sarebbe che un’altra forma di venerazione, di quel principio agreste basato sulla morte e rinascita dello spirito della vegetazione rappresentato spesso nell’uccisione e nella risurrezione della Dea o dell’Uomo Selvatico.
Una tradizione interessante è quella dei cosiddetti Giardini di Adone: in particolare nell’area orientale si venerava, sotto i nomi di Tammuz e Adone, la decadenza e la rinascita annuale della vita e anche se le fonti intorno a queste divinità sono frammentarie e oscure, da esse deduciamo che morissero ogni anno per poi risorgere. Ad esse era dedicato una specie di giardino che altro non era che un simbolo basato sul principio della Magia Imitativa, cioè che il simile produce il simile: realizzare questi giardini fioriti era un modo per incoraggiare la crescita delle messi.

Si schiude come di incanto la spiegazione di un rituale creduto cristiano ma che affonda le sue radici nel paganesimo, i “sepolcri”, realizzati il Venerdì Santo per il Cristo con piante, spighe e fiori, veri “giardini” realizzati sulla tomba del dio morto creando un legame ancora più stretto tra festività e rituali arborei.
Anche la simbologia dell’agnello o meglio del “capretto” sarebbe strettamente legata al culto arboreo nello stesso significato della lepre per la Dea Eostre. La capra infatti, errando nei boschi, rosicchia le cortecce degli alberi danneggiandoli notevolmente, così solo il dio della vegetazione si nutre della pianta da esso personificata, e dunque lo stesso animale non può che essere sacro.
Come nel caso delle uova, l’uomo antico mangiando la carne dell’animale crede di acquistare e assorbire una parte di divinità. Pertanto il cibarsi di animali sacri per il dio è un sacramento solenne come la celebrazione di Gesù, rappresentato da un Agnello che ancora oggi, in molte parti di Italia si consuma: “…io sono l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo…”

 

La festa del fuoco

Strettamente connesso con i rituali legati alla vegetazione e alla rinascita è la tradizione pasquale di accendere falò. I cosiddetti fuochi di gioia da cui poi deriverebbe la tradizione del cero pasquale. In Germania ad esempio i contadini raccolgono tutti i rami secchi che trovano nelle loro campagne per poi farne un enorme rogo e spargere le ceneri nei campi per propiziare il raccolto, mentre tizzoni accesi vengono portati all’interno delle case come protezione dagli spiriti maligni. Tali rituali li troviamo anche in molte altre parti d’Europa e nella nostra stessa Italia.
La spiegazione data è molteplice, per alcuni si tratterebbe di un rito purificatorio, in sintonia con quello che poi sarebbe il significato della Pasqua cristiana, del resto è abitudine spesso bruciare in questi roghi delle effigie stregonesche o un fantoccio costituito da sterpaglie che comunemente viene chiamato “Giuda”.
In realtà la tradizione ben si sposa con il concetto di Magia Imitativa molto caro all’uomo antico, infatti la festa legata all’equinozio di primavera è strettamente legata alla rinascita del Sole dopo la sua morte, il buio e la luce si equivalgono per poi far prendere il sopravvento di quest’ultima. I rituali erano così un modo di imitare il cammino dell’astro o ancora di portare in terra parte del suo calore infatti l’usanza di far ruzzolare ruote infuocate giù per una collina o il correre nei campi con le fiaccole accese fa proprio passare per una imitazione del percorso solare nel cielo.
In questa tradizione fortemente pagana si inserisce il cero pasquale, il fuoco sacro alla religione cristiana che anche in questo caso attinge a piene mani dal mistico sacco dei rituali pagani. Così ecco che nelle chiese si spengono le luci, proprio a rappresentare il dominio assoluto del buio, visto solo successivamente come male, poi trionfa la luce, simboleggiata dal cero dal quale si accendono le varie candele, che si portano a casa come i pagani portavano i loro tizzoni accesi: un mistico intreccio di culture e credenze che si fondono in antichi rituali e simbologie che si perdono nella notte dei tempi.

 

Autore: Andrea Romanazzi
Messo on line in data: Marzo 2006