VLADIMIR SOLOVIEV E L’ANTICRISTO di Redazione
Da molti definito “il profeta della riconciliazione”, Vladimir Soloviev rappresenta una delle figure più accattivanti del panorama culturale russo a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Appassionato e cultore di sapere esoterico, s’interessò di Cabala, di misticismo e professò una speranza che ancor oggi riecheggia nelle parole e negli ideali di molti: quella di una Chiesa Universale, che scavalcasse le barriere di spazio e tempo e riconciliasse tutti gli opposti, Est e Ovest, maschile e femminile, cielo e terra, ecc.
La seconda metà del XIX secolo aveva sancito, per la Chiesa Russa Ortodossa, un’immensa quanto preoccupante crisi. Come ricorda lo storico Gregory Freeze, a quei tempi “l’amministrazione diocesana era caratterizzata da atteggiamenti venali, prevaricatori […] disastrosi […] ; il clero si era trasformato in una casta virtuale impoverita, isolata e disprezzata dai più”. Non deve sorprendere quindi che gli intellettuali dell’epoca cercassero risposte ai loro dubbi al di fuori della chiesa ufficiale, tuffandosi magari nella lettura dei loro colleghi occidentali, trovando stimoli nelle ideologie rivoluzionarie o recuperando lo studio di saperi antichi, occulti, che spiegassero il caos in cui la loro società versava.
Nell’immagine a lato,foto di Vladimir Soloviev
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Soloviev fu uno di questi; agguerrito contro il Positivismo occidentale ne’ La crisi della filosofia occidentale contro i positivisti (1874) si lasciò sedurre dal fascino delle scienze occulte del pensiero orientale. Questa fu la molla che, probabilmente, fece scattare in lui il desiderio di abbandonare l’Università di Mosca – dove insegnava dal 1871 – per recarsi a Londra, dove studiò la filosofia gnostica, quella Indiana e quella medievale. Qui partecipò al clima europeo del nascente Spiritismo e s’immerse nella atmosfere nebbiose di sedute spiritiche e incontri con medium e sensitivi.
La sensazione che ne ricavò, però, fu pessima, come emerge da alcune sue lettere scambiate col suo amico Dimitrij Tsertelev:
“Lo Spiritismo locale (e quindi quello in generale, visto che Londra ne è la capitale) versa in condizioni penose. Ho incontrato sia medium famosi che famosi spiritisti e non so chi di loro sia peggio”.
Nonostante ciò, Soloviev continuò imperterrito i suoi studi da autodidatta, formandosi sullo studio di Platone, la lettura dei documenti dei Padri della Chiesa e innumerevoli viaggi in Europa e in Egitto. Interessantissimo, da un punto di vista storico è, per esempio, il blocnotes su cui, mentre era all’estero, egli fissò le sue suggestioni e i suoi pensieri sotto forma di scrittura automatica, corredata da simboli alchemici e diagrammi esoterici.
Definito da molti “profeta”, nelle sue parole riecheggiano effettivamente molte delle immagini che caratterizzano il mondo odierno e il rapporto che l’uomo del terzo millennio nutre verso la fede. Tali immagini si snodano sulla base di un linguaggio arguto, spesso illuminante, fatto di picchi intuitivi ma, contemporaneamente, di analisi accurate, scientifiche del suo tempo. Perché il suo era uno spirito curioso e attento alla realtà circostante che si muoveva in un flusso continuo dal mondo esterno a quello interno, in una danza senza fine. A Soloviev non bastava infatti intuire; egli si sentiva in dovere d’andare oltre, di investigare e ricercare le fonti di ogni cosa lo toccasse: dalle visioni, che furono numerose durante la sua vita, alle discipline religiose – o pseudo tali – alle quali si accostò con studio zelante.
Figura cardine nel pensiero di questo pensatore fecondo fu quella di Gesù Cristo, sempre presente nel suo tentativo di recuperare un Cristianesimo agli albori, non diviso in gruppi e sottoinsiemi spesso rivali. Secondo Soloviev “tutte le religioni contengono la verità […] e chiunque la cerchi, prima o poi la troverà”. Questo equivaleva per lui a dire che la verità non è soggettiva ma semplicemente esperita in modo personale. Di base essa è unica e oggettiva. Ecco perché egli aspirava a un’unificazione dei diversi gruppi formatisi in seno a quello che egli considerava il più alto livello di evoluzione delle religioni: il Cristianesimo. E non è un caso che lo stesso Giovanni Paolo II, durante la recita dell’Angelus del 30 luglio 2000, si sia appellato a Soloviev nell’invito all’armonia e alla pace tra popoli:
“L’esigenza di un cristianesimo integrale, che non faccia sconti quando si tratta della verità e sappia al tempo stesso misurarsi con la storia e la modernità, ha segnato l’ intero secolo passato ed è emersa con forza nel Concilio Ecumenico Vaticano II…Il cristianesimo non può essere ridotto a dottrina, ne a semplici princìpi, perché il Cristo, centro del cristianesimo, è vivo e la sua presenza costituisce l ‘evento che rinnova costantemente le creature umane e il cosmo. Questa verità del Cristo va oggi. proclamata. con vigore, come fu difesa coraggiosamente nel secolo ventesimo da tanti testimoni della fede e da illustri pensatori cristiani, tra i quali mi piace oggi ricordare Vladimir Sergeevič Solovëv, di cui ricorre proprio in questi giorni il centenario della morte. Ricordando questa personalità russa di straordinaria profondità, che con grande chiarezza avvertì anche il dramma della divisione tra i cristiani e l ‘urgente necessità della loro unità, vorrei invitare a pregare perché i credenti nel Cristo sia d’ Oriente che d Occidente possano ritrovare quanto prima la loro piena comunione” (www.iconografi.it).
Molteplicità di voci, quindi, nel pensiero di Soloviev, ma tutte contenenti, seppur talvolta in modo inconsapevole, l’unica stessa verità. Lo studio delle teorie platoniche, l’interesse per la Cabala e quello per lo Spiritismo, condussero il filosofo a tentare di oltrepassare le barriere di una dottrina esclusivamente dogmatica e a giustificare la pluralità dei credi con l’idea di ciò che, nella tradizione russa, prende il nome di sobornost’ (pluralità insita nell’unità). Questa unità, che si trova alla base dell’Assoluto nel pensiero filosofico di Soloviev, si riferiva al concetto di Sophia, la saggezza di cui si narra nelle Sacre Scritture e che il filosofo trovava così estranea al mondo occidentale. Nella vita dell’intellettuale questa gli parlò ed emerse dalle viscere del Sé in momenti specifici. È infatti Sophia che compare a Soloviev quando egli ha appena 20 anni e lo invita a rincontrarsi in Egitto. È sempre Sophia che gli appare nel deserto, all’alba, attraverso la trasfigurazione femminile della Terra che, coi suoi fiumi, i suoi mari e le sue vallate, porta con sé l’idea di unicità e fa affiorare nell’animo l’emozione della totalità. Infine, Ella parla al filosofo quando egli si trova al British Museum e, ammirando alcune illustrazioni di un libro sulla Cabala, gli fa esclamare: “C’è più vita in ogni singola riga di questo libro che in tutta la cultura Europea”.
Ma per quale motivo Soloviev è stato da molti definito “profeta”? A prescindere dalle visioni che lo tormentarono in età giovanile, Soloviev creò un personaggio divenuto il più famoso della sua intera opera letteraria, formata da 14 volumi: l’Anticristo. A dispetto di quanto suggerisce il nome, questo personaggio incarna tutt’altro che l’iconografia classica di Satana. Nel racconto breve La storia dell’Anticristo [1], il protagonista è:
“(un) genio eccelso […] Cosciente di possedere in sé una grande forza spirituale, era sempre stato un convinto spiritualista e la sua vivida intelligenza gli aveva sempre indicato la verità di ciò a cui si deve credere: il bene. Dio, il Messia”.
Una figura quindi benefica, profondamente legata all’idea di pace e Amore, assolutamente distante dalle rappresentazioni mefistofeliche, infernali, irose e insinuanti della tradizione cristiana. Esemplare in questo senso è poi l’opera che questo personaggio scrive e che gli rende fama: La via aperta verso la pace e la prosperità universale. Un titolo che a tutto farebbe pensare fuorché a Satana.
Cosa distanzia, allora, l’Anticristo da Cristo? Innanzi tutto il fatto che nella religione da lui professata, a Dio comunque votata, mancano proprio la figura di Cristo e gli assiomi basilari su cui fonda il Cristianesimo: l’Anticristo crede in tutto ciò che predica ma “ama solo se stesso” – una forma d’amore diametralmente opposta a quella altruistica che Gesù avrebbe diffuso con le sue parabole. L’Anticristo disprezza il moralismo con cui Gesù ha perpetrato una distinzione tra buoni e cattivi, tra Bene e Male, entrambi, nell’ideologia del sommo sacerdote, degni di nota. Inoltre, l’Anticristo vive Gesù come suo acerrimo rivale, se ne sente turbato, lo teme e paventa l’idea che possa – poiché ancora nel cuore dei Cristiani – scalzarlo dal trono che lui si è faticosamente guadagnato in 33 anni di vita:
“In una parola egli riconosceva in sé quelle che erano le caratteristiche del Cristo. Ma la coscienza della sua alta dignità all’atto pratico non prendeva in lui l’aspetto di un obbligo morale verso Dio e il mondo, ma piuttosto l’aspetto di un diritto e di una superiorità in rapporto agli altri e soprattutto in rapporto al Cristo. Ma non aveva per Cristo una ostilità di principio. Gli riconosceva l’importanza e la dignità di Messia; però con tutta sincerità vedeva in lui soltanto il suo augusto precursore. Per quella mente ottenebrata dall’amor proprio erano inconcepibili l’azione morale del Cristo e la Sua assoluta unicità”.
Più simile a un Narciso con manie di onnipotenza che a un vero e proprio asceta o Maestro spirituale, L’Anticristo di Soloviev rovescia tutto il sistema di leggi e regole su cui è stato impiantata buona parte del Nuovo Testamento, utilizzandone però le stesse parole, gli stessi colori, le stesse apparenti intenzioni al fine di fare proseliti. Si rende partecipe – se non leader –, insomma, di un credo religioso che destituisce dal nocciolo centrale, al posto del quale sostituisce se medesimo. E ci riesce benissimo, tanto è vero che raccoglie un consenso ampio da parte di tantissima gente, Cristiani compresi. Le promesse che fa sono allettanti: distribuisce favori a destra e a manca, quasi per una smaniosa voglia di colmare il proprio ego con l’adorazione che riceve in cambio; si fa voce di valori generici ma di forte impatto – la pace, la non violenza, l’ecumenismo, l’ecologia. Nutre un “nobile rispetto per le tradizioni e i simboli antichi con un vasto e audace radicalismo di esigenze e direttive sociali e politiche, una sconfinata libertà di pensiero con la più profonda comprensione di ciò che è mistico, l’assoluto individualismo con un’ardente dedizione al bene comune, il più elevato idealismo in fatto di princìpi direttivi con la precisione completa e la vitalità delle soluzioni pratiche”. La cosa buffa è che, pur ripudiando la figura di Cristo – di cui pure ammette l’esistenza storica –, l’Anticristo di Soloviev definisce il libro che ha scritto “permeato dal vero spirito cristiano, dall’amore attivo e dalla benevolenza universale – che volete di più?”. Praticamente simula e, immediatamente, con un gioco semantico di parole, dissimula un intero sistema religioso.
Il risultato è un gran calderone in cui paradossalmente, a dispetto di quanto da lui stesso professato, l’individualismo si perde e le varie dimensioni dell’essere si confondono tra loro perdendo le proprie peculiarità. Solo un piccolo gruppo di fedeli al Cristo osa opporsi all’idolatria verso il nuovo Messia, Imperatore d’Europa e di Roma; e il risultato è stupefacente, poiché questi –che si era tanto sforzato di incarnare gli ideali di pace e tolleranza, anche grazie alla complicità del suo sommo Maestro, il Diavolo in persona –, dinnanzi alla richiesta dei Cristiani di porre Gesù al centro del nuovo culto religioso (definito dall’Anticristo stesso “cristiano”) si trasfigura, s’imbestialisce:
“… il gran mago si agitava inquieto sotto il suo mantello: più fragoroso dell’ultimo anatema rimbombò un colpo di tuono e l’ultimo papa cadde a terra inanimato. «Così per mano del padre mio periscono i miei nemici», disse l’imperatore. «Pereant, pereant!», si misero a gridare tremanti i principi della Chiesa. Egli si volse e, appoggiandosi alla spalla del gran mago uscì lentamente dalla porta che stava dietro il palco, accompagnato dalla folla dei suoi seguaci. Nel tempio eran rimasti i due cadaveri e un cerchio ristretto di cristiani mezzo morti dalla paura”.
Questo è il delizioso ritratto dell’Anticristo, grazie al quale Soloviev si conquistò la fama di profeta. Secondo le frange cristiane più radicali, infatti, l’Anticristo di Soloviev altro non rappresenta che il sistema di credi e atteggiamenti mistico-spirituali che caratterizza la nostra epoca e che si pongono come strade alternative a quella cristiana.
Soloviev, però, si è guadagnato fama di profeta anche per alcune previsioni che fece sul nostro tempo e che, sembrano trovare riscontro nei fatti dell’attualità: per esempio, previde che la nostra sarebbe stata
“l’epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni […]” e poi che “i problemi della vita e della morte, del destino finale del mondo e dell’uomo, (verranno) resi più complicati e intricati da una valanga di ricerche e di scoperte nuove nel campo fisiologico e psicologico”.
Inoltre, anticipò la crisi che il Cristianesimo avrebbe esperito nel XX secolo e, a tal riguardo, in tempi a noi contemporanei, il cardinale Biffi gli ha dedicato uno scritto nel volume Pinocchio, Peppone, l’Anticristo e altre divagazioni.
Autore: Redazione
Messo on line in data: Settembre 2006
Note
[1]Se ne può leggere il testo integrale al link www.storialibera.it