RACCONTO: NOMI E PRIGIONI di Nick Morningstar

In una galassia lontana eoni luce dal pianeta Terra, in un sistema stellare dal Sole spento, non v’era rimasto più nulla se non una piccola luna che ancora seguiva con tenacia la sua orbita, nonostante il mondo attorno a cui danzasse fosse diventato polvere stellare da migliaia di anni.
Quel piccolo e pallido satellite non era tuttavia deserto come a una prima occhiata poteva sembrare: la sua superficie era abitata da un essere grosso due metri e mezzo, dalla pelle bluastra e con una muscolatura sovrumana. 
Era vestito con abiti sgargianti seppur strappati, intessuti con fili d’oro puro e dita ornate con anelli di mille argenti diversi mentre sul capo portava una corona sulla quale erano incastonate svariate pietre.

La creatura in questione una volta aveva avuto tanti nomi: Balal il Folle, Shalak il Divoratore di Vita; 
era stato il signore dell’oblio perpetuo definibile solo con il termine “non-vita”; ci fu un tempo ormai perduto in cui alzando un dito egli poteva richiamare la notte, il fuoco e la tempesta, ci fu un tempo in cui tutti i nomi che gli erano stati dati erano sinonimo di morte.
Quei tempi erano andati, ed ora colui che una volta era stato il più grande terrore dello spazio vagava solo, su una luna perduta in un settore delle galassia così buio e nero in cui nemmeno le stelle della sera brillavano più. 
Passavano i giorni, passavano le settimane, passavano i millenni e nulla accadeva finché, un giorno, qualcosa non attirò l’attenzione di Balal il Folle, qualcun altro stava camminando su quella luna morta a pochi metri dello stesso Shalak.

Era uno straniero dall’aspetto incantevole, simile ad una donna nei lineamenti, con capelli bianchi e mossi che gli scendevano fin sotto le spalle, dalla pelle chiara, dal corpo esile e alto circa un metro e sessantacinque. 
Lo straniero era giovane, avrà avuto appena diciotto anni, eppure c’era qualcosa nel suo sguardo che lasciava intendere già una certa forza di volontà.
Vestiva con abiti regali almeno tanto quanto Shalak, di colori tuttavia scuri tendenti al nero e al viola, aveva inoltre un mantello il cui tessuto sembrava molto più prezioso di tutto il resto. 
Infine, ultimo dettaglio estetico del misterioso albino, era che anch’egli portava una corona, un diadema dalla forma simile a un paio d’ali da pipistrello al cui centro era incastonata una preziosa gemma, uno zaffiro.
– Chi è là? Chi cammina nel regno di solitudine di Shalak il Divoratore di Vita, colui che nei tempi antichi divorò le nebulose perdute della galassia di Morion?-
– Io, mi chiamo Alais! Lord Alais!- rispose lo straniero con un tono quasi infantile.
– E cosa ti porta in questo pallido deserto? Non sai che luogo è?- replicò Balal.
– A dire il vero no. Una persona che conosco ha creato questa macchina capace di aprire porte nello spazio, anche se non possiamo ancora stabilire con certezza in quale punto dell’universo le apra, anche se, se devo essere sincero a me sembra molto più divertente così.-

Un piccolo sorriso si formò sul volto di Balal il Folle, lo straniero che era giunto da chissà dove aveva un tono così tranquillo nonostante si trovasse disperso nel più buio angolo del cosmo.
– E non temi di non poter tornare più indietro, o che io possa distruggerti con uno sguardo?-
– Non credo- disse Alais indicandosi con l’indice la pietra nella corona. – Il mio zaffiro mi permette di rendere reale tutto quello che immagino ed inoltre grazie ai suoi poteri mi basta immaginare la mia dimora per tornarci quando mi pare.-
Shalak allora scoppiò a ridere mettendosi entrambe le mani sulla pancia.
– Un manipolatore di realtà! Quanto tempo non ne vedevo uno! 
Ai miei tempi ne ho uccisi tanti come te, tutti troppo convinti del vostro potere, tutti così distratti! Ah, se avessi ancora il mio potere, se le formule della mia magia funzionassero ancora avrei già sottratto la tua piccola pietra malefica e sarei fuggito da questa prigione tornando alla mia gloria passata!-
Alais si portò una mano sul labbro inferiore, era troppo curioso di sapere chi fosse stata quella strana creatura in un tempo in cui non era nemmeno nato.
– Raccontami la tua storia allora, come sei finito qui? Come hai perso i tuoi poteri che definisci più grandi dei miei?-

Shalak si sedette sul freddo suolo lunare ed invitò Alais a fare altrettanto.
– Bene, ragazzo, ti racconterò la mia storia, ma solo perché l’ultima volta che ho parlato con qualcuno risale a molti secoli fa, ma prima, perché non accendi un fuoco e crei del cibo? E’ tanto che non mangio, e non c’è storia che non sia mai stata raccontata attorno a un fuoco.-
Alais annuì, chiuse gli occhi e nella sua mente presero forma piccole fiamme, braci di un falò che poi vennero proiettate nella realtà assieme a della carne creata grazie ai ricordi che l’albino aveva 
del suo ultimo pasto.
– Ecco fatto! Ora racconta, voglio sapere tutto!- esclamò Alais mentre Shalak dava un morso al pezzo di carne.

– Tutto iniziò sul pianeta Malafist che brillava sotto la stella chiamata Mi, lì ero conosciuto con il nome di Balal, ero uno studioso della vita, cercavo di comprenderne i meccanismi e i significati, purtroppo però i miei studi mi portarono a essere allontanato dalla società in cui vivevo, iniziarono ad etichettarmi come folle quando andava bene e quando andava male come eretico. 
Mi ritirai nelle foreste, in mezzo alla vegetazione e in solitudine dove a lungo meditai sull’esistenza, lontano dagli occhi indiscreti e così feci per molti anni invero. 
Imparai ad abbandonare il corpo con lo spirito, a viaggiare per le vie astrali, a esplorare mondi metafisici e così trovai ciò che avevo cercato per tutta la vita, il senso dell’esistenza.-
– E qual è?- si azzardò a domandare Alais.
– Nessuno. 
Non c’è nessun senso, l’universo, tutto quanto è soltanto una menzogna, uno scherzo cosmico urlato a gran voce. 
Decisi allora che da quel momento in poi avrei dedicato la mia vita al Nulla e che il Vuoto originale sarebbe stato il mio unico Dio, così camminai lungo i sentieri dell’incubo, alla ricerca del demone dalle mille forme che le leggende dicono avrà un ruolo di rilievo alla fine dei tempi. 
Patteggiai con il demone il quale mi concesse poteri magici che andavano oltre quelli che mai avrei potuto concepire, in cambio mi chiese una cosa, una piccola cosa che all’epoca credevo irrilevante: la mia vita.-

– Ma come? Mi sembri vivo, non sei mica morto.- chiese l’albino inclinando la testa e prendendo un pezzo di carne.
– Certo, infatti il demone dai mille aspetti ha preso la mia vita, ma hai frainteso il senso delle mie parole, non posso morire se non lo decide lui, e con il senno di poi credo che lui sapesse quale sarebbe stato il mio futuro, imprigionato per sempre su una luna perduta, quanto avrà riso…-
– Ma se eri, se sei così potente come hai fatto a finire qui?-
Shalak socchiuse gli occhi, che fino a quel momento erano rimasti fissi sul suo interlocutore.
– E’ stato un inganno, un maledetto inganno. 
Il demone, il mostro venuto da oltre l’Etere mi concesse un potere capace di uccidere qualsiasi Dio mai esistito, e così feci. 
Uccisi gli dei del mio mondo e mi creai il più grande dei palazzi, riunii alla mia corte i più grandi sacerdoti dello spazio, gli alchimisti dell’aria e gli stregoni del tempo. Fu il più grande dei reami forgiati sul terrore, l’universo aveva paura di me… 
il mio impero durò diciassette milioni di anni, finché, un giorno, il diavolo con cui avevo patteggiato si ricordò di me e il destino tirò le fila della mia caduta. 
Un guerriero leggendario raggiunse le porte del mio castello, il suo nome… non lo ricordo… combattemmo per venti stagioni e venni sconfitto.
Il patto era chiaro, avrei avuto il potere per sconfiggere ogni dio… ma non si era parlato di uomini. 
Venni sconfitto e rinchiuso qui, nel cuore di un sistema solare morto attorno a cui mille milioni di incantesimi sono stati posti per limitare il mio potere, senza nemmeno la possibilità di morire.-

Alais batté le mani entusiasta per il racconto.
— Favoloso, chissà quante avventure devi aver vissuto, anche io vorrei creare un grande impero, certo, al momento governo solo una città, ma stiamo preparando la nostra espansione!-
Shalak sorrise mostrando i denti ingialliti.
— Un bel proposito, davvero, ma se c’è una cosa che ho imparato è che tutte le azioni dell’uomo sono vane, sono soltanto scintille accese nella marea del tempo che durano quanto il battito d’ali di una farfalla.-
Alais avvicinò le mani al fuoco come se in quel momento l’aria si fosse fatta più fredda e cercasse calore.
— Quello che per tutti gli altri è una farfalla, per il bruco è la fine del mondo. 
E’ tutta questione di punti di vista.—_
— Ma da qualsiasi punto lo si osserva, il mondo funziona sempre allo stesso modo, i mortali vivono e muoiono, costruiscono e distruggono, nulla è fatto per durare, nulla di tutto ciò che ci circonda è davvero eterno.-

Alais strinse i pugni e si alzò in piedi dando uno sguardo alle meteore lontane.
– Il mio impero lo sarà, sarà qualcosa di mai visto prima.—-
– Mmmmh, credo mi sarà difficile vederlo, c’è così poca luce da queste parti… a meno che tu non mi faccia un favore, Alais.
L’albino inclinò il capo voltandosi verso Balal.
– Che favore?-
– Mi hai dato cibo, calore… ora dammi una stella, così che possa vedere oltre il buio, plasma il Sole…-
– Plasmare il Sole? Non credo di esserne capace… tutto quello che immagino si concretizza, ma non so se posso spingermi così lontano, insomma, non so nemmeno come funziona una stella.-
Il vecchio Shalak rise di nuovo davanti all’inesperienza di Alais.
– E’ questo il problema con quelli come te, vi imponete inconsciamente limiti che non avete davvero. 
Non cercare di replicare la forma dell’universo ragazzo, dagli la forma che tu vorresti avesse, è questo il trucco.-
– Io non so se…- replicò Alais.
– Provaci.-

Lo straniero dai capelli bianchi s’alzò e portò lo sguardo verso la stella spenta, impresse nella sua mente la forma e le dimensioni di quest’ultima, poi chiuse gli occhi. 
Immaginò il calore e la luce fondersi per dar vita al fuoco e al plasma che avrebbero dato a quell’astro perduto una nuova vita, immaginò poi come tutto quel grande insieme di cose avrebbe dovuto funzionare, creò dunque delle reazioni chimiche insensate che avrebbero funzionato solo nel mondo dei sogni e mai nella realtà. Alais sapeva che non avrebbe mai funzionato e per un attimo si arrese all’evidenza. 
Ripensò alle parole di Shalak, perché non doveva funzionare? Perché un essere umano non può imporre le leggi dell’universo? 
Si convinse di poterlo fare, e nel momento in cui egli fu consapevole di poter realizzare l’impossibile lo zaffiro brillò, e venne la luce.
Quando Alais riaprì i suoi occhi grandi occhi azzurri vide la luce che fino a pochi attimi prima splendeva nella sua mente.
– Ce l’ho fatta…- sussurrò tra sé e sé per poi voltarsi verso il despota alieno.
– Non avevo dubbi, ora riuscirò a vedere meglio.-
– Che cosa vedrai meglio?-
– L’universo marcire, è un così bello spettacolo.-
Shalak tossì e poi aggiunse: – Mi hai donato cibo, calore e una stella, Alais di… non mi hai detto come si chiama il mondo da cui provieni, quello che vuoi conquistare.-
– Artenta, vengo da Artenta.-

– Molto bene, Alais di Artenta, per i tuoi servigi ti farò un dono, l’unica cosa che posso darti, purtroppo la mia magia è bloccata, le fiamme che erano i miei incanti ora sono soltanto braci e tutti i miei averi sono ormai da tempo polvere galattica, per questo motivo il mio dono per te è un nome.-
– Un nome? Ma ne ho già uno- disse Alais dubbioso inclinando il capo.
– Certo, ma il tuo nome è solo il nome della tua nascita, quello che voglio darti io è più… più un titolo nobiliare se così la mettiamo, i nomi hanno potere e in pochi hanno l’autorità di dare nomi potenti, ne ho uno che fa proprio al caso tuo.-
Shalak si alzò in piedi e poi entrambi si guardarono negli occhi, il tiranno alieno tese la mano verso Alais e il suo dito indice venne avvolto da un bagliore d’oro mentre diceva:
– Da questo momento in poi, Alais di Artenta, potrai fregiarti del titolo di Portatore di Luce: usalo mentre nei tuoi viaggi camminerai tra le tenebre, mentre vedrai gli stessi orrori che ho veduto io, mentre tenterai di conquistare quest’ammasso di materia senza perché…-
Shalak si voltò e diede le spalle all’albino per poi alzare lo sguardo verso l’universo.
– Ora ti dico addio, ho voglia di stare solo, voglio contemplare la morte di tutte le cose e per farlo mi serve assoluto silenzio, il silenzio attira la morte come il nettare attira le api.-
Il Portatore di Luce non aveva ancora capito quanto accaduto, sapeva che qualcosa era cambiato in lui, ma non capiva esattamente cosa.
– Certo… come vuoi… grazie per il nome, Shalak!-
Colui che era stato un re e un dio prima di cadere in disgrazia era già lontano, ma ebbe modo di parlare ancora una volta al giovane e ambizioso artentiano.
– Aspetta ancora a ringraziarmi. Un giorno ci rivedremo, Portatore di Luce, se non ci avrai ripensato potrai farlo. Fino ad allora, sta attento al Mago dell’Etere dalle mille facce, anzi, prega gli dei di non incontrarlo mai.-

 

Autore: Nick Morningstar
Messo on line in data: Dicembre 2017